La storia del luogo

Cascina Bucolica e Villa Ratti

<<Col Giansesco era perfetto; aveva tutto: vigneti, boschi, prati, campi, gerbidi; a oriente la collina di Torino, a occidente la superba catena delle Alpi italo-francesi e, molto più in basso, la valle della Dora Riparia da cui saliva, come un contrafforte a terrazze, il lato occidentale del nostro colle, su fino alla bialera e fino alla cascina. Ripensandolo così lo sentii come un bene unico, ben recintato, in fondo, e sicuro. Forse non come un antico borgo ma discretamente isolato dal resto del mondo.>>  Carlo Pinelli, Appunti autobiografici.

Quello che oggi conosciamo col nome di Col Giansesco, che su una vecchia mappa del 1852 è denominato anche “truc degli abissi”, fu ideato e fortemente voluto da Carlo Antonio Ratti.

Ratti fu a lungo Sindaco di Alpignano, dal 1878 alla sua morte nel 1892, nonché Presidente della congregazione di carità e dell’asilo infantile nei confronti dei quali fu sempre benefattore generoso. Ricoprendo queste cariche egli intendeva essere “un padre” per Alpignano; matrimoni, eredità, dissidi tutto si risolveva con la sua mediazione.

Quarto di dodici figli, sua madre aveva sposato un filatore di seta alpignanese e, rimasta vedova giovanissima, aveva riposto su di lui la responsabilità di tutta la numerosa famiglia che inizialmente non versava in buone condizioni economiche.

Negli anni precedenti il 1878 Carlo Antonio Ratti acquista faticosamente e riunisce varie proprietà nella zona alpignanese dove egli era solito andare a caccia, formando il complesso di via Colgiansesco e costruendovi una cascina e uno chalet, che poi sarà denominato Villa Ratti, dei quali fece dono, come sorpresa, alla moglie Fiorenza.

La tenuta venne evidenziata nelle mappe militari come punto di riferimento e durante gli scavi per la costruzione degli edifici vennero rinvenuti diversi reperti romani che vennero donati al Comune.

Lo chalet era concepito secondo il criterio dell’epoca: al piano interrato la cucina e i locali per la servitù, con un ampio locale per i tini del vino che in dialetto si chiamava “Tinagi”; al pianterreno un’ampia galleria affrescata con grotteschi e adorna di statue marmoree metteva in comunicazione le sale di rappresentanza con lo scalone che portava al piano primo, dove erano le stanze dei proprietari. Al secondo piano avrebbero trovato posto le stanze delle figlie e poi dei nipoti e pronipoti. Un terzo piano mansardato era per la servitù, con magazzini e stireria. Non esisteva illuminazione elettrica né acqua corrente; per il riscaldamento stufe e camini a legna.

La cascina venne concessa in mezzadria a una famiglia di coloni i quali vi esercitavano tutte le attività funzionali all’allevamento bovino, occupandosi anche della cura dei prati e dei boschi.

Lo chalet venne utilizzato per le lunghe villeggiature estive dei proprietari i quali, tra il 1879 e il 1887 avevano avuto tre figlie. Carlo Antonio Ratti morirà senza vederle sposate mentre la moglie Fiorenza gli sopravviverà per altri 27 anni fino al 1919.

Le sorelle Ratti crebbero tra Torino e Alpignano e poi si sposarono nel clima della belle epoque:

  • Ersilia con Ferdinando dei conti Pinelli, magistrato, dal quale ebbe Tullio, Anna e Carlo Pinelli;
  • Caterina con Alberto Balloco, geniale ingegnere meccanico, dal quale ebbe Giulia, Vittoria e Alessandro Balloco;
  • Maria con Giuseppe Leale, medico, dal quale presto si separò.

Queste famiglie, allargate dalla nascita dei figli e dei nipoti delle sorelle Ratti, continuarono negli anni a popolare Colgiansesco durante le lunghe estati, ma anche durante gli inverni della seconda guerra mondiale, coltivando rapporti di conoscenza e amicizia con le famiglie alpignanesi come i Govean, i Tallone e i Provana di Frossasco.

Al Colgiansesco, poi, i giovani ragazzi e ragazze Ratti, Pinelli e Balloco estrinsecavano tutte le loro attitudini fantasiose, sportive, artistiche, sentimentali divenendo un po’ un riferimento per la comunità locale, mettendo in scena spettacoli teatrali e invitando gli amici al gioco del tennis.

Nel dopoguerra, con la fine della mezzadria, la cascina fu affidata alla famiglia Vaudan che continuò a vivere di allevamento coltivando anche le viti e gli alberi da frutta; c’è sempre stato un reale rapporto di amicizia tra i contadini del rustico e i proprietari della tenuta.

Dagli anni ’30 ai ’60 del 900 la tenuta cominciò a ospitare le successive generazioni di Carlo Antonio e Fiorenza Ratti, quelle dei Pinelli e dei Balloco e poi dei Turinetti di Priero, dei Franci e dei Benazzo, che partecipavano festosi e incuriositi ai riti agricoli alpignanesi che si tenevano nel “rustico”, come quello serale della spannocchiatura settembrina che avveniva alla luce delle fiaccole, rallegrato da una fisarmonica e da merende indimenticabili.

Frattanto, la situazione economica e sociale rendeva sempre più oneroso il mantenimento di una siffatta proprietà e così, nel 1981, gli eredi delle sorelle Ratti vendettero un primo lotto di terreni, con la portieria, sul quale furono edificate le villette a schiera che oggi sorgono alla base della collina.

La tenuta, però, continuò ad essere frequentata e amata, dagli anziani come dai giovani, anche in virtù del fatto che alcuni vi erano stati messi al mondo e altri vi avevano celebrato le proprie nozze. Per decenni è stata il punto di riferimento di quelle famiglie nonostante il fatto che la villa è anche stata deturpata per almeno tre volte da bande di ladri che avevano sottratto soprammobili, quadri, mobili antichi, porcellane, vasi, ecc…

Infine nel 1994 si presentò una proposta di acquisto che gli eredi, a malincuore, non furono in grado di rifiutare e poi, nel 2010, la villa fu ristrutturata e destinata ad altro uso.

Anche la Cascina è stata recentemente ristrutturata avendo cura di recuperare e preservare tutti i suoi particolari storici.

A cura di Alessandro Pinelli e Beatrice Balloco

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